Un’équipe dell’Istituto italiano di tecnologia ha creato un modello matematico per capire come il cervello interpreta gli input provenienti dai cinque sensi
Tocchiamo, guardiamo, sentiamo, annusiamo, gustiamo. Milioni di input captati continuamente dai cinque sensi e poi trasmessi ed elaborati dal nostro computer centrale, il cervello.
Operazioni certamente molto complesse, che stiamo finalmente iniziando a comprendere: un’équipe multidisciplinare di ricercatori dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) ha infatti appena messo a punto un metodo che sfrutta gli strumenti della matematica, della statistica, dello studio del comportamento e dell’ottica per capire e addirittura craccare il codice del cervello alla base dell’utilizzo dei sensi per interagire con il mondo.
Gli scienziati, per la precisione, sono riusciti a sviluppare gli strumenti per capire come identificare la trasformazione degli stimoli sensoriali nel linguaggio con cui comunicano le cellule cerebrali, i neuroni. Lo studio, condotto dai gruppi di Stefano Panzeri, coordinatore del Centro di neuroscienze e scienze cognitive e responsabile del laboratorio Neural computation, e di Tommaso Felin, responsabile del laboratorio Optical approaches to brain function (assieme ad altri colleghi della Harvard Medical School di Boston e dello University College di Londra), è stato pubblicato sulla rivista Neuron.
“Gli stimoli recepiti dagli organi di senso”, spiega a Wired Fellin, “vengono istantaneamente tradotti in segnali elettrici e inviati al cervello, dove sono poi analizzati e danno luogo alla cosiddetta percezione. La comunità scientifica era già al corrente di dove vengono generati e come si muovono tali segnali, ma non di come vengono letti, scritti e interpretati dal sistema nervoso centrale”.
Il lavoro degli scienziati si è concentrato proprio su questo aspetto: “Abbiamo messo a punto un metodo, per ora puramente teorico, che permette sia di identificare le parti rilevanti dei segnali, il che fa parte della comprensione del sistema di codifica, sia di simulare tali segnali anche in assenza di uno stimolo sensoriale, ricreando una sensazione percettiva nel cervello”.
Per farlo, è stato necessario un approccio interdisciplinare, che ha coinvolto l’ottica, la matematica e la cosiddetta psicofisica, branca della scienza che studia il comportamento percettivo. Gli scienziati hanno messo a punto una sorta di cassetta degli attrezzi che servirà a studiare in laboratorio il fenomeno della percezione: in particolare, il framework teorico discusso nel loro articolo prevede la lettura (e la scrittura) dei segnali usando la luce (ottica), l’analisi degli stessi segnali usando algoritmi statistici (matematica) e la comprensione di come questi si traducano in percezione (psicofisica).
“Lo schema che abbiamo studiato”, dice ancora Fellin, “prevede due fasi. Nella prima si leggono i segnali elettrici usando strumenti ottici ad alta risoluzione (la risoluzione spaziale è dell’ordine dei millisecondi, quella temporale dell’ordine dei micrometri) e li si analizza mediante un’analisi correlativa, cioè studiando statisticamente come varia il segnale al variare dello stimolo. In questo modo siamo in grado di ricostruire i pattern dell’attività elettrica: nella seconda fase dello studio, proponiamo di usare la luce per scrivere tali pattern nei neuroni e ricreare le sensazioni percettivi bypassando gli organi di senso”.
I risultati di questo lavoro, auspicano gli scienziati, promettono di avere importanti ricadute nella comprensione – e dunque nel potenziale trattamento – di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e di sindromi come l’autismo e la schizofrenia. Inoltre, aiuteranno anche lo sviluppo delle cosiddette interfacce cervello-macchina, dispositivi in grado di decodificare gli impulsi generati dal cervello e utilizzarli per far funzionare una macchina o un robot. E infine potranno servire anche ad aiutare il recupero della percezione dei sensi in pazienti con compromessa funzionalità degli organi sensoriali.
0 commenti:
Posta un commento