Uno studio internazionale coordinato dall’Università di Pisa esplora
per la prima volta le abitudini alimentari del megalodonte, un analogo
gigante dello squalo bianco vissuto 7 milioni di anni fa.
Un morso di 7 milioni di anni fa
Si sono conservate per 7 milioni di anni. Le lunghe incisioni lasciate dal morso del megalodonte (Carcharocles megalodon), il più grande squalo mai esistito, sono rimaste impresse da allora nei frammenti ossei delle sue prede predilette - foche e cetacei - rinvenuti lungo la costa meridionale del Perù (nell’immagine, la ricostruzione artistica di un esemplare adulto che preda una Piscobalaena nana).
Fra le ossa fossili, scoperte nei depositi del Miocene superiore (circa 7,5 milioni di anni fa) della Formazione Pisco, ci sono parti di mandibola attribuibili a una piccola balena - Piscobalaena nana, della famiglia oggi estinta dei Cetotheriidae -, l’osso del cranio di un misticete (balena) di piccola taglia e la scapola di un pinnipede (il gruppo di mammiferi marini di cui fa parte la foca).
A realizzare la scoperta, descritta in uno studio pubblicato su Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, è stato un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Pisa, con la partecipazione dell'Università di Milano-Bicocca, quella di Camerino e dei musei di Storia naturale di Bruxelles e Lima.
Si sono conservate per 7 milioni di anni. Le lunghe incisioni lasciate dal morso del megalodonte (Carcharocles megalodon), il più grande squalo mai esistito, sono rimaste impresse da allora nei frammenti ossei delle sue prede predilette - foche e cetacei - rinvenuti lungo la costa meridionale del Perù (nell’immagine, la ricostruzione artistica di un esemplare adulto che preda una Piscobalaena nana).
Fra le ossa fossili, scoperte nei depositi del Miocene superiore (circa 7,5 milioni di anni fa) della Formazione Pisco, ci sono parti di mandibola attribuibili a una piccola balena - Piscobalaena nana, della famiglia oggi estinta dei Cetotheriidae -, l’osso del cranio di un misticete (balena) di piccola taglia e la scapola di un pinnipede (il gruppo di mammiferi marini di cui fa parte la foca).
A realizzare la scoperta, descritta in uno studio pubblicato su Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, è stato un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Pisa, con la partecipazione dell'Università di Milano-Bicocca, quella di Camerino e dei musei di Storia naturale di Bruxelles e Lima.
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