Feature 3

15/02/17

febbraio 15, 2017

Il matematico inglese: "Hanno portato alle scoperte più importanti dell'umanità"


Le parole, dice Ian Stewart, sono «imprecise, a volte ambigue». Le parole non sono equazioni. «Le equazioni sono precise», ovviamente. E «quando una equazione è espressa a parole generalmente diventa molto lunga, e può suonare confusa. Invece una espressione simbolica in una equazione è molto più semplice da capire, una volta che hai familiarità con quel tipo di linguaggio».


Stewart, docente emerito di Matematica alla Warwick University, membro della Royal Society e scrittore, di familiarità con l'argomento ne ha moltissima. Tanto che ha deciso di rompere il «tabù di Hawking», al quale gli editori avevano detto che ogni equazione inserita nel suo bestseller Breve storia del tempo avrebbe dimezzato il numero delle copie vendute, e di scrivere un saggio di 430 pagine su Le 17 equazioni che hanno cambiato il mondo (appena pubblicato in Italia da Einaudi).
Professore, come mai questa scelta?
«Le persone spesso considerano le equazioni poco piacevoli. Volevo spiegare perché i matematici le usano, e quello che hanno fatto per l'umanità».
Perché scrive che le equazioni sono «il sangue» della matematica?
«Perché, davvero, senza di esse non funzionerebbe. La matematica è fatta di numeri, forme, probabilità, ma le equazioni sono la forza vitale che tiene tutto insieme».
Ma crede sul serio che tutti siano in grado di capirle?
«Volevo che le persone capissero, per ciascuna equazione, il genere di informazione che ci fornisce, e quello che i matematici possono o non possono fare con essa. Esattamente come puoi goderti lo spettacolo di una partita di calcio, anche se non giochi».
Perché le equazioni avrebbero un ruolo nella storia dell'umanità, proprio come re, regine, guerre e disastri naturali?
«Molte delle scoperte più importanti, che hanno cambiato l'umanità per sempre, dandoci nuove tecnologie o conoscenze, sono state innescate da matematici o scienziati con le loro equazioni. Il fatto è che le equazioni catturano l'essenza dei fenomeni naturali in una forma molto precisa e compatta».
Ma perché sono così essenziali alla nostra vita quotidiana?
«Quasi tutto ciò che facciamo è basato, nel profondo, sulle equazioni. Tutti gli strumenti digitali, internet, la telefonia mobile, i navigatori satellitari; la radio, la televisione; il trasporto aereo; perfino la distribuzione del cibo nei supermercati: tutte queste cose sono una conseguenza delle equazioni. Gli strumenti digitali usano le equazioni della teoria dei quanti. I navigatori satellitari quelle della relatività. I voli quelle dei movimenti dei fluidi. E così via».
Ci sono equazioni che hanno portato a risultati sorprendenti, assolutamente imprevedibili quando furono formulate?
«I matematici hanno scoperto l'equazione delle onde chiedendosi come una corda di violino produca i suoni. La stessa equazione si è rivelata molto utile per comprendere i terremoti e disegnare edifici antisismici. Ma la sorpresa maggiore è arrivata mentre i fisici lavoravano sull'elettricità e il magnetismo ed è spuntata proprio l'equazione delle onde. Ha permesso di predire l'esistenza delle onde elettromagnetiche e, alla fine, ci ha dato la radio».
Fra le 17 equazioni di cui parla, quali sono le più importanti?
«Quella delle onde, per il legame con la radio. La legge di gravità di Newton, perché è utilizzata per calcolare le orbite per i satelliti e le sonde spaziali. Il miglioramento apportato da Einstein, la relatività generale, non serve a questo scopo: l'equazione di Newton funziona benissimo. I navigatori invece funzionano bene solo se si considerano gli effetti della relatività».
Ma davvero, come dice nel libro, tutto è cominciato con Pitagora?
«Assolutamente. Il teorema di Pitagora porta direttamente alla trigonometria, che serve per le misurazioni, la navigazione, l'astronomia. Oggi le equazioni sono elaborate grazie alla tecnologia digitale, ma gli ingegneri che creano questi strumenti devono conoscere le equazioni stesse. Chi le utilizza non deve per forza conoscere i dettagli, però aiuta molto sapere che esistono, nel profondo. Che non è una magia».
Alcune applicazioni riguardano aspetti molto materiali, come la finanza. Per esempio cita l'equazione di Black-Scholes, che addirittura spiegherebbe, in parte, la grande crisi del 2008.
«Ho voluto includere quell'equazione perché esula dalla fisica, perché è stata davvero utile, ma anche perché mostra i pericoli che si corrono a spingere un modello matematico oltre gli ambiti in cui è preciso. La crisi finanziaria del 2008 è stata in parte causata dall'utilizzo di modelli matematici scorretti, i quali sembravano dire ai banchieri che i rischi fossero bassi mentre, in realtà, erano molto più elevati».
Ma, per esempio, una equazione così astratta come quella di Schrödinger, come può avere applicazioni pratiche?
«È fondamentale per la meccanica dei quanti, e i chip dei computer sono sistemi quantici. Quindi il design e la costruzione dei chip devono ricorrere in maniera decisiva alla equazione di Schrödinger, così come alla intera teoria dei quanti».
Il matematico più affascinante?
«Eulero. Un grandissimo matematico, che ha lavorato in ogni ambito della materia. Pare fosse anche una persona davvero squisita, senza un ego esagerato e che non pensava di essere più importante degli altri. Ha prodotto più nuova matematica di chiunque altro».
E il più influente?
«Henri Poincaré è uno dei miei eroi. È stato fra i primi a comprendere l'utilità e il potenziale della topologia. Una specie di geometria, ma senza concetti rigidi come lunghezza e angoli. Riguarda la continuità. E comprese di poterla applicare alla dinamica: così ha fatto il primo grande passo avanti verso la teoria del caos. Sembrava svampito, invece aveva una mente acutissima».
E lei quale equazione avrebbe voluto scoprire?
«Sarei felice di scoprire una qualunque equazione importante... Ma, potendo scegliere, mi accontenterei della equazione delle onde. Combina la bellezza matematica con applicazioni molto importanti. È semplice, elegante, ma estremamente sottile».
E oggi quale vorrebbe scoprire?
«Vorrei capire come le reti di cellule nervose, che mandano segnali elettrici e chimici una all'altra, siano in grado di portare a termine compiti straordinari, come riconoscere il volto di una persona. Diciamo che vorrei trovare l'equazione del cervello, anche se non credo esista in senso letterale».
C'è qualche equazione oscura, o poco considerata, che in realtà ha cambiato il nostro mondo?
«Una che ho tralasciato è la legge di Hooke sulla forza esercitata da una molla quando è allungata. Un collega ingegnere mi ha fatto notare che tutti i sistemi informatici utilizzati per disegnare strutture come edifici e ponti si basano sullo sviluppo ulteriore della legge di Hooke nella teoria dell'elasticità».
Quando è cominciata la sua passione per la matematica?
«Ero bravo in matematica dall'età di cinque anni. L'interesse vero è iniziato intorno ai 13-14 anni, quando grazie a un professore ho scoperto che c'era molta più matematica di quanta mi insegnassero a scuola. Avevo un paio di amici che la pensavano allo stesso modo, così abbiamo portato avanti delle indagini personali».
Ma lei vede le equazioni all'opera, nella vita quotidiana?
«Nella quotidianità in effetti tendo a notare caratteristiche matematiche del mondo intorno a me che la maggior parte delle persone non osserverebbero, anzi, non penserebbero nemmeno che siano matematiche...».
Per esempio?
«Ho fatto delle ricerche con alcuni colleghi sui modelli usati dagli animali per muoversi, come il passo, il trotto e il galoppo in un cavallo. Sono modelli molto semplici da notare, una volta capito come fare. La geometria dei sentieri di luce dell'arcobaleno è un altro esempio. Tutti sappiamo dei prismi che suddividono la luce bianca in colori diversi, ma perché l'arcobaleno ha proprio quella forma ricurva?».
Perché?
«Ogni colore forma l'arco di un cerchio, e tutti i cerchi hanno lo stesso centro, di solito sotto l'orizzonte. Una spiegazione completa è piuttosto approfondita e ha molti aspetti di interesse matematico. Lo stesso tipo di matematica è importante nella creazione degli occhiali, specialmente varifocali e altri generi di lenti. E poi nei telescopi e nei microscopi. Alla fine ho una prospettiva ulteriore sul mondo...».

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