Il caso Maniaci: luci e ombre sull’antimafia
Il 2016 sarà tra le altre cose ricordato senza dubbio come l’anno nero per l’antimafia. La vicenda che ha coinvolto nei giorni scorsi il giornalista siciliano Pino Maniaci,
una delle personalità più in vista tra quelle scese in campo nel corso
degli anni contro la criminalità organizzata, ha lasciato tutti a bocca
aperta, contribuendo ad alimentare quel sentimento di sfiducia che da un
po’ di tempo a questa parte aleggia sul mondo dell’antimafia. A
destare tanto scalpore è stata la pubblicazione dei contenuti delle
intercettazioni telefoniche, predisposte dalla Procura di Palermo
nell’ambito di un’inchiesta sui rapporti tra politica e Cosa Nostra,
conversazioni da cui si evincerebbe che Maniaci, direttore di TeleJato, emittente nota ai più per il suo consolidato impegno contro le Cosche locali, avrebbe
estorto danaro ai Sindaci di numerosi comuni siciliani, minacciando la
pubblicazione di filmati sul loro presunto coinvolgimento nell’ambito di
faccende in odore di mafia. Stando a quanto si apprende dalla
stampa nazionale, Maniaci si sarebbe spinto sino ad imporre al Primo
cittadino del Comune di Partinico l’assunzione dell’amante, impegnandosi
dal suo canto a non rendere noto al pubblico un servizio, che
sembrerebbe dimostrare i suoi presunti legami con i clan locali. Del
tutto infondate sarebbero altresì i fatti che hanno indotto l’autorità
giudiziaria a predisporre la scorta a favore del giornalista, che due
anni or sono decise di denunciare le intimidazioni subite, tra cui la
barbara uccisione dei suoi cani, accaduto che al contrario coinciderebbe
con la presunta vendetta del marito della sua compagna.
L’uso del condizionale, come spesso accade in questi casi, è d’obbligo
dal momento che ci troviamo ancora nella fase delle indagini e non ci è
consentito emettere sentenze di condanna prima che il procedimento
penale giunga a termine. Tuttavia, quella di cui si è appena dato conto
non sembra lasciare spazio ad altra reazione che non sia stupore e
sconforto, soprattutto per quanti da anni credono e si impegnano nel
contrasto alle mafie. D’altronde, risale a pochi settimane a questa
parte l’angusta polemica
che ha visto come protagonisti il pubblico ministero della DDA di
Napoli, Catello Maresca, e il Coordinamento nazionale di Libera,
l’associazione guidata da Don Luigi Ciotti che dal 1995 svolge un ruolo
di primo piano nel panorama dell’antimafia, polemica legata alle parole
con le quali il noto magistrato ha contestato presunti conflitti di
interessi incompatibili con lo spirito e le finalità per le quali la
compagine stessa è stata costituita.
All’indomani di vicende come quella che sta coinvolgendo Pino Miniaci, è senz’altro il disfattismo a farla da padrone assoluto:
in questi casi fare di tutta un’erba un fascio è cosa estremamente
agevole nonché tra le strategie preferite da alcuni opinionisti e
testate giornalistiche. L’indignazione, però, è tanta e in larga
parte giustificabile, ma affinché non resti, come frequentemente
accade, uno stato di cose effimero, fine a se stesso, è necessario che
ad essa faccia seguito una riflessione seria e accorata, ma soprattutto
scevra da fuorvianti e stereotipate prese di posizione di ordine morale o
politico. D’altra parte, la posta in gioco è considerevole.
Fatti, come quelle di cui si è dato conto, rischiano di compromettere
irreversibilmente il lavoro di quanti in questi anni hanno messo la
disposizione le proprie vite su questo fronte, riuscendo spesso ad
ottenere risultati importanti e, qualora agli elementi di prova raccolti
dai magistrati palermitani nei confronti di Maniaci, dovesse far
seguito l’accertamento della sua responsabilità, è chiaro che il suo
impatto mediatico si rivelerebbe sotto questo aspetto ancora più
devastante.
Da questo punto di vista, riuscire
a contenere quella connaturata e diffusa attitudine alla divinizzazione
di quanti si battono in prima linea sul fronte della lotta alle mafie,
senza nulla togliere al loro coraggio che va sempre ed
incondizionatamente valorizzato ed apprezzato, sarebbe probabilmente una
delle possibili direzioni da seguire. Se a dir poco
fondamentale è stato ed è tutt’ora l’apporto di costoro, va anche detto
che i momenti più significativi che hanno caratterizzato la storia
recente dell’antimafia hanno visto come protagonisti non pochi eletti,
ma la società civile che, quando è stata chiamata in causa, si è
dimostrata sempre più o meno reattiva. Basti in questa sede rammentare
la straordinaria mobilitazione popolare che nel 1996 permise grazie ad
un iniziativa di legge popolare promossa da Libera di ottenere una
normativa particolarmente all’avanguardia in materia di beni confiscati.
La
tematica, lo si è visto è tanto controversa quanto ricca di spunti che
in questa sede per forza di cose non ci è dato esaurire del tutto. L’auspicio
è che in ogni caso rispetto a certe sterili prese di posizione emerse
nel corso di questi mesi, si assista nel corso bei prossimi mesi ad un
cambio di rotta netto, che possa inaugurare una nuova proficua stagione
per la lotta alla criminalità organizzata.
di Giovanni Sodano
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