Feature 3

21/01/17

gennaio 21, 2017

Il caso Maniaci: luci e ombre sull’antimafia



Il 2016 sarà tra le altre cose ricordato senza dubbio come l’anno nero per l’antimafia. La vicenda che ha coinvolto nei giorni scorsi il giornalista siciliano Pino Maniaci, una delle personalità più in vista tra quelle scese in campo nel corso degli anni contro la criminalità organizzata, ha lasciato tutti a bocca aperta, contribuendo ad alimentare quel sentimento di sfiducia che da un po’ di tempo a questa parte aleggia sul mondo dell’antimafia.  A destare tanto scalpore è stata la pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni telefoniche, predisposte dalla Procura di Palermo nell’ambito di un’inchiesta sui rapporti tra politica e Cosa Nostra, conversazioni da cui si evincerebbe che Maniaci, direttore di TeleJato, emittente nota ai più per il suo consolidato impegno contro le Cosche locali, avrebbe estorto danaro ai Sindaci di numerosi comuni siciliani, minacciando la pubblicazione di filmati sul loro presunto coinvolgimento nell’ambito di faccende in odore di mafia. Stando a quanto si apprende dalla stampa nazionale, Maniaci si sarebbe spinto sino ad imporre al Primo cittadino del Comune di Partinico l’assunzione dell’amante, impegnandosi dal suo canto a non rendere noto al pubblico un servizio, che sembrerebbe dimostrare i suoi presunti legami con i clan locali. Del tutto infondate sarebbero altresì i fatti che hanno indotto l’autorità giudiziaria a predisporre la scorta a favore del giornalista, che due anni or sono decise di denunciare le intimidazioni subite, tra cui la barbara uccisione dei suoi cani, accaduto che al contrario coinciderebbe con la presunta vendetta del marito della sua compagna. L’uso del condizionale, come spesso accade in questi casi, è d’obbligo dal momento che ci troviamo ancora nella fase delle indagini e non ci è consentito emettere sentenze di condanna prima che il procedimento penale giunga a termine. Tuttavia, quella di cui si è appena dato conto non sembra lasciare spazio ad altra reazione che non sia stupore e  sconforto, soprattutto per quanti da anni credono e si impegnano nel contrasto alle mafie. D’altronde, risale a pochi settimane a questa parte l’angusta polemica che ha visto come protagonisti il pubblico ministero della DDA di Napoli, Catello Maresca,  e il Coordinamento nazionale di Libera, l’associazione guidata da Don Luigi Ciotti che dal 1995 svolge un ruolo di primo piano nel panorama dell’antimafia, polemica legata alle parole con le quali il noto magistrato  ha contestato presunti conflitti di interessi incompatibili con lo spirito e le finalità per le quali la compagine stessa è stata costituita.

maniaci
Il pm Catello Maresca e Don Luigi Ciotti

All’indomani di vicende come quella che sta coinvolgendo Pino Miniaci, è senz’altro il disfattismo a farla da padrone assoluto: in questi casi fare di tutta un’erba un fascio è cosa estremamente agevole nonché tra le strategie preferite da alcuni opinionisti e testate giornalistiche. L’indignazione, però, è tanta e in larga parte giustificabile, ma affinché non resti, come frequentemente accade, uno stato di cose effimero, fine a se stesso, è necessario che ad essa faccia seguito una riflessione seria e accorata, ma soprattutto scevra da fuorvianti e stereotipate prese di posizione di ordine morale o politico. D’altra parte, la posta in gioco è considerevole. Fatti, come quelle di cui si è dato conto, rischiano di compromettere irreversibilmente il lavoro di quanti in questi anni hanno messo la disposizione le proprie vite su questo fronte, riuscendo spesso ad ottenere risultati importanti e, qualora agli elementi di prova raccolti dai magistrati palermitani nei confronti di Maniaci, dovesse far seguito l’accertamento della sua responsabilità, è chiaro che il suo impatto mediatico si rivelerebbe sotto questo aspetto ancora più devastante.

Da questo punto di vista, riuscire a contenere quella connaturata e diffusa attitudine alla divinizzazione di quanti si battono in prima linea sul fronte della lotta alle mafie, senza nulla togliere al loro coraggio che va sempre ed incondizionatamente valorizzato ed apprezzato, sarebbe probabilmente una delle possibili direzioni da seguire. Se a dir poco fondamentale è stato ed è tutt’ora l’apporto di costoro, va anche detto che i momenti più significativi che hanno caratterizzato la storia recente dell’antimafia hanno visto come protagonisti non pochi eletti, ma la società civile che, quando è stata chiamata in causa, si è dimostrata sempre più o meno reattiva. Basti in questa sede rammentare la straordinaria mobilitazione popolare che nel 1996 permise grazie ad un iniziativa di legge popolare promossa da Libera di ottenere una normativa particolarmente all’avanguardia in materia di beni confiscati.

La tematica, lo si è visto è tanto controversa quanto ricca di spunti che in questa sede per forza di cose non ci è dato esaurire del tutto.  L’auspicio è che in ogni caso rispetto a certe sterili prese di posizione emerse nel corso di questi mesi, si assista nel corso bei prossimi mesi ad un cambio di rotta netto, che possa inaugurare una nuova proficua stagione per la lotta alla criminalità organizzata.
di Giovanni Sodano
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