Feature 3

21/01/17

gennaio 21, 2017

Come si diventa camorristi?


Continuiamo a parlare di camorra, e lo facciamo perché siamo di Napoli e la camorra per combatterla bisogna conoscerla. E poi, i camorristi sono protagonisti proprio in questi giorni di dibattiti e diatribe per quanto riguarda Gomorra la serie 2. In entrambe le stagioni ci sono riferimenti a come i ragazzini vengono affiliati al clan, al Sistema, con la speranza di diventare camorristi. Da un’indagine di qualche anno, compiuta fa in 14 scuole medie di Napoli e provincia, risultò un dato inquietante: il 16% di loro veniva sfamato dai camorristi, il 44%, invece, chiederebbe consiglio, per un qualsiasi problema, al capo-clan. Dati decisamente inquietanti, che però non mi sorprendono più di tanto. La camorra, special modo nei luoghi dove agisce preponderante, si pone come l’alternativa allo stato, riuscendo ben volentieri a sostituirlo, raggiungendo ovviamente un indice di gradimento maggiore. Dove lo Stato manca, quindi, l’anti-stato germoglia, innalzandosi a salvatore della comunità e riuscendo a ottenere la fiducia del popolo e, di conseguenza, la sua protezione morale e pratica. E come si ottiene la fiducia di un popolo povero? Ovviamente creando lavoro. La camorra, come anche la mafia e l’ndrangheta, creano posti di lavoro seguendo passo passo il loro allievo. I camorristi di oggi erano novelli, novizi fino a qualche anno prima. In molti si chiedono: “Ma come si comincia? C’è una strada da seguire? E quello che si vede nei film, nelle fiction, è del tutto vero?”. Noi oggi proveremo a darvi qualche delucidazione in più.

Come si diventa camorristi?

I riti di affiliazione al clan di appartenenza, sono da ritenersi una cosa, almeno per quanto riguarda la camorra, abbastanza superata. Soprattutto per Cosa Nostra, il rito di affiliazione prediletto era quello del sangue e della madonna, la cosiddetta Punciuta. L’aspirante mafioso si lasciava pungere dalla spina di una rosa, facendo cadere una goccia di sangue su una immagina della Madonna. Dopodiché l’immagine veniva bruciata sulle mani del candidato che, durante la fiamma doveva pronunciare queste parole: “giuro di essere fedele a cosa nostra. Se dovessi tradire le mie carni devono bruciare come brucia questa immagine”. Buscetta, il primo super-boss di Cosa Nostra a pentirsi, spiegò molto bene la Panciuta ai magistrati che, dal quel momento, finalmente ebbero chiare le idee su come si entrasse nella mafia. Oggi questo rito è meno frequento, ma in Sicilia resta una cosa di molto rispetto. A Napoli, gli aspiranti camorristi non si pungono le dita e non bruciano santini. La camorra ha delle persone con molta esperienza alle spalle che sono pagate proprio per questo: trovare dei ragazzini che sono già pronti al grande salto. Insomma, che presentano margini di miglioramento sostanziali. Si inizia presto. Dieci, undici anni al massimo. Semmai il ragazzino ha il padre in carcere o al cimitero e la madre che è disperata. E semmai la camorra gli offre anche 300 euro a settimana per qualche piccolo lavoretto. Dopo essere passati per una piccola prova di coraggio, questi ragazzini si guadagnano questi soldi facendo le sentinelle o collaborando in qualche cosa. Non c’è un modus operandi molto schematico. La Camorra non è la mafia e proprio qui su Suburbio ne abbiamo già parlato. La Camorra è organizzata a clan e non unitariamente, quindi ogni clan ha il suo modo di fare criminalità, il suo modo di reclutare personale. Alcuni grandi ex boss come Bardellino – fondatore degli scissionisti e raro esempio di collaborazione tra mafia e camorra – cominciarono la loro carriera criminale rubando auto o facendosi notare come personaggi molto violenti. Proprio Bardellino, si fece un nome nella provincia di Caserta, quando litigò con un camorrista della zona, uccidendolo senza paura. La sua abilità imprenditoriale unita a una vena incredibilmente sanguinosa, lo portarono a diventare in pochi anni uno dei più importanti criminali al mondo.

camorristi

L’arresto di Walter Mallo, ventiseienne boss del clan di camorristi omonimo
Ma torniamo a oggi. Camorristi si nasce? Assolutamente no! Sono molti i ragazzini che sono affascinati da un certo tipo di vita, ma che poi cercano di sfuggirne poco dopo, ovviamente invano. Spesso, i camorristi, per portare dallo loro parte i ragazzini, gli acquistano gioielli facoltosi, motorini o se sono più grandi automobili. Gli danno tanti soldi tra le mani. Li fanno sentire potenti. E, più di ogni altro oggetto materiale, li fanno sentire parte di un qualcosa! Questi ragazzi, spesso, cercano solo di far parte di un gruppo di persone, di condividere, di scambiarsi qualche cosa. Ed è così che il compagno di paranza diventa un fratello e il capo-clan un padre. Proprio le paranze sono uno dei massimi luoghi di affiliazione. Soprattutto oggi come oggi, dove le paranze dominano la scena criminale campana.
Specchiettisti, vedette, aiuto-spaccio, spacciatori, oppure killer, ragionieri, autisti. Sono molteplici i ruoli che un ragazzo potrebbe coprire all’interno dell’azienda camorra. Si comincia con 300 euro a settimana. In poco tempo si arriva a 500. Gli spacciatori in linea di massima guadagnano 2500 euro al mese, ma hanno parecchi obblighi. Devono vestire sportivo, non possono drogarsi (solamente la cocaina è concessa), non devono guidare macchine vistose e non possono indossare gioielli troppo estrosi. Il sabato è giorno di paga extra perché si fatica di più. Se sei il capo-pusher semmai aspetti che muore il boss del tuo rione ed è capace che la piazza la danno in mano a te, guadagnando lordi anche 500.000 euro al mese. Il punto è che nolente o dolente o muori ammazzato o finisci dietro delle sbarre per molti anni, uscendo vecchio e senza forze.
Se oggi si volesse dire, entrando nello specifico, come si diventa camorristi, tutti avrebbero difficoltà a parlarne. Napoli sta attraversando un periodo particolare e quindi ogni schema, ancora più del solito, è andato a farsi benedire. Ma alla fine, l’unico vero movente di tutto questo, di tutta questa violenza, resta la voglia di sentirsi potente, di fargliela vedere ai borghesi dei quartieri bene. Ci sono molte ragioni sociali per cui una persona decide di stare dall’altra parte, ma quella che muove tutto, il primo tassello, resta la voglia di identità.

di Raffaele Cars

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